giovedì 4 agosto 2011

5 AGOSTO
SAN PARIDE
Patrono della Diocesi di Teano-Calvi

Martirologio Romano: A Teano in Campania, san Paride, vescovo, che si ritiene abbia retto per primo questa sede.


Dal Comune dei Pastori
PRIMI VESPRI INNO
Sei premio e corona dei santi
o Figlio inviato dal Padre
venuto nel mondo a cercare
chi era smarrito e perduto

Parola di Cristo il Signore
risuona l'invito potente:
venite e seguite le orme
il regno di Dio cercate!

Ascolta il giusto credente
ascolta chi è nel peccato
e dietro all'Agnello di Dio
inizia un nuovo cammino

San Paride cammina con noi
ci mostra i segreti del Regno
il centuplo scorge soffrendo
sequela dell'unico amore

Amico di tutti i credenti
modello per chi si affatica
San Paride da gloria all'eterno
al trino ed unico Dio. Amen.

1 ant. Paride, uomo di Dio, disprezzò le vanità del mondo,
non portò nel cuore nient'altro che Cristo.
2 ant. Tutto è divina disposizione alla quale sia gloria.
3 ant. Ricordatevi: è temporanea la fatica dell’ apostolato, ci attende una gioia eterna.

LETTURA BREVE Fil 3,7.12 Quello che poteva essere per me un guadagno, l'ho considerato una perdita a motivo di Cristo. Anzi, tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo e dì essere trovato in lui, non con una mia giustizia derivante dalla legge, ma con quella che deriva dalla fede in Cristo, cioè con la giustizia che deriva da Dio, basata sulla fede. E questo perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze, diventandogli conforme nella morte, con la speranza di giungere alla risurrezione dai morti. Non però che io abbia già conquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione; solo mi sforzo di correre per conquistarlo, perché anch'io sono stato conquistato da Gesù Cristo.

INTERCESSIONI Glorifichiamo Dio Padre, che ha affidato a San Paride la missione di annunziare alla nostra gente il suo messaggio di amore, e rivolgiamo a lui la nostra supplica: Rinnova i nostri cuori, Signore.

Tu che hai suscitato evangelizzatori santi e generosi,
- fa che nella Chiesa uomini apostolici, lasciata al sicuro una pecora,
sentano l'urgenza di cercare e pascere le novantanove che sono nel deserto.

Tu che spargi per il mondo i semi del Vangelo
e mandi nella tua messe gli operai necessari alla tua Chiesa.
- Custodisci quanti nel mondo si dedicano all'annunzio missionario perché solidali
con l'uomo del nostro tempo siano coraggiosi annunciatori della speranza del regno.

Tu che hai chiamato alcuni a seguire più da vicino il tuo figlio Gesù,
- fa che i giovani si lascino attrarre dalla radicalità evangelica.

Tu che ci ispiri un amore fraterno verso i malati del corpo e dello spirito,
- fa che in essi riconosciamo e serviamo il Cristo tuo Figlio.

Tu che chiami i catechisti a collaborare all'annuncio del Vangelo
- fa che siano affidabili per dottrina, coerenti nella loro fede e testimoni con la loro vita.

Tu che ci chiami a contemplare il tuo volto,
- fa che i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i fedeli defunti
si riuniscano tutti nella gioia del tuo regno.

UFFICIO DELLE LETTURE

INNO
Nel primo chiarore del giorno,
vestite di luce e silenzio,
le cose riemergon dal buio
com’ era al principio del mondo.

E noi che di notte vegliammo,
attenti alla fede del mondo,
protesi al ritorno di Cristo,
or verso la luce guardiamo.

O Cristo, splendore del Padre,
vivissima luce divina,
in te ci vestiam di speranza,
viviamo di gioia e d'amore.

Al Padre cantiamo la lode,
al Figlio che è luce da luce,
e lode allo Spirito Santo,
che è fonte eterna di vita. Amen.

1 ant. Dio ha scelto questo suo servo per pascere la sua eredità.
Salmi dal Comune dei pastori.
2 ant. Lo Spirito lo ha posto come vescovo, per guidare la Chiesa di Dio.
3 ant. Per voi soffro le doglie del parto, finché non sia formato Cristo in voi.

Confida nel Signore e fa il bene,
abita la terra e vivi con fede.

PRIMA LETTURA Dalla lettera ai Filippesi di san Paolo, apostolo 1,27-2,18
Esortazione ad imitare il Cristo
Fratelli, comportatevi da cittadini degni del vangelo, perché nel caso che io venga e vi veda o che di lontano senta parlare dì voi, sappia che state saldi in un solo spirito e che combattete unanimi per la fede del vangelo, senza lasciarvi intimidire in nulla dagli avversari. Questo è per loro un presagio di perdizione, per voi invece di salvezza, e ciò da parte di Dio; perché a voi è stata concessa la grazia non solo di credere in Cristo; ma anche di soffrire per lui, sostenendo la stessa lotta che mi avete veduto sostenere e che ora sentite dire che io sostengo.
Se c'è pertanto qualche consolazione in Cristo, se c'è conforto derivante dalla carità, se c'è qualche comunanza di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con l'unione dei vostri spiriti, con la stessa carità, con i medesimi sentimenti. Non fate nulla per spirito dì rivalità o per vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso, senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri.
Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù,
il quale, pur essendo di natura divina,
non considerò un tesoro geloso
la sua uguaglianza con Dio;
ma spogliò se stesso,
assumendo la condizione di servo
e divenendo simile agli uomini;
apparso in forma umana,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a!la morte di croce.
Per questo Dio l'ha esaltato
e gli ha dato il nome
che è al di sopra dì ogni altro nome;
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi (Is 45, 24)
nei cieli, sulla terra e sotto terra;
e ogni lingua proclami
che Gesù Cristo è il Signore (1 Cor 8, 6),
a gloria di Dio Padre.
Miei cari, obbedendo come sempre, non solo come quando ero presente, ma molto più ora che sono lontano, attendete alla vostra salvezza con timore e tremore. E' Dio infatti che suscita in voi il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni, rate tutto senza mormorazioni e senza critiche, perché siate irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo a una generazione perversa e degenere, nella quale dovete splendere come astri nel mondo, tenendo alta la parola di vita. Allora nel giorno di Cristo, io potrò vantarmi di non aver corso invano né invano faticato. E anche se il mio sangue deve essere versato in libagione sul sacrificio e sui l'offerta della vostra fede, sono contento, e ne godo con tutti voi. Allo stesso modo anche voi godetene e rallegratevi con me.

RESPONSORIO Cf. At 20. 23-24. 27
Lo Spirito Santo in ogni città mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni. Non ritengo la mia vita meritevole di nulla, * purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù.
Non mi sono Sottratto al compito di annunziarvi tutta la volontà di Dio.
Purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù.

OPPURE: PRIMA LETTURA Dalla prima lettera ai Corinzi di san Paolo, apostolo I, 17 — 2,5
Io ritenni di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo
Cristo non mi ha mandato a battezzare, ma a predicare il vangelo; non però con un discorso sapiente, perché non venga resa vana la croce di Cristo.
La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti: «Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l'intelligenza degli intelligenti. Dov'è il sapiente? Dov'è il dotto? Dove mai il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo? Poiché, infatti, nel disegno sapiente di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio, Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.
Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili. Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio. Ed è per lui che voi siete in Cristo Gesù, il quale per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto: «Chi si vanta si vanti nel Signore».
Anch'io, o fratelli, quando sono venuto tra voi, non mi sono presentato ad annunziarvi la testimonianza di Dio con sublimità di parola o di sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso. Io venni in mezzo a voi in debolezza e con molto timore e trepidazione; e la mia parola e il mio messaggio non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.

RESPONSORIO 1 Cor, 17-18. 21
Cristo mi ha mandato a predicare il vangelo, non però con un discorso sapiente, perché non venga resa vana la croce di Cristo. * La parola della croce, infatti, è stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano è potenza di Dio.
Poiché il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio,
è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione,
La parola della croce, infatti, è stoltezza per quelli che vanno in perdizione,
ma per quelli che si salvano è potenza di Dio.

SECONDA LETTURA Dalla «Preghiera pastorale» del beato Aelredo, abate
(nn.8.10; ediz. di A. Wilmart in "Revue benedirtine", 1925)
Preghiera dei prelati per i proprì sudditi
Misericordioso Dio nostro, ascoltami benigno per essi. A questa preghiera mi spinge la missione paterna che mi hai affidato, mi inclina l'affetto, mi incoraggia la considerazione della tua bontà. Tu sai, dolce Signore, quanto li ami, come si effonda in essi il mio cuore, come li ricopra con la mia tenerezza. Tu sai, mio Signore, che non comando loro con durezza né con violenza, che preferisco giovar loro nella carità piuttosto che dominarli, sottomettermi loro nell'umiltà ed essere con l'amore in mezzo a loro come uno di loro. Ascoltami dunque, ascoltami, Signore Dio mio, perché "i tuoi occhi siano aperti" su di loro "notte e giorno" (1 Re 8, 29). Apri, o piissimo, le tue ali e proteggili (cfr. Dt 32, 11), stendi la tua destra santa e benedicili; infondi nei loro cuori il tuo Spirito Santo, che li conservi "nell'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace" (Ef 4, 3), nella castità della carne e nell'umiltà dell'anima.
Che questo stesso Spirito li assista quando pregano, che l'abbondanza del tuo amore li colmi nell'intimo, che la soavità della compunzione ricrei le loro menti, che la luce della tua grazia illumini i loro cuori; la speranza li sollevi, il timore li umili, la carità li infiammi. Lui stesso, il tuo Spirito, suggerisca loro le preghiere che tu propizio vuoi esaudire.
Che il tuo dolce Spirito sia in essi quando meditano, perché illuminati da lui, conoscano te e rimanga impresso in loro il ricordo di colui che invocheranno nelle avversità e consulteranno nel dubbio. Che questo pio Consolatore vada loro incontro e li sostenga quando sono provati nella tentazione e soccorra la loro debolezza nelle angustie e tribolazioni della vita.
Dolce Signore, che con l'aiuto del tuo Spirito essi siano in pace, modesti e benevoli con se stessi, con i fratelli e con me; che si obbediscano, si servano, si sopportino a vicenda (cfr. Col 3, 13). Che siano "ferventi nello spirito... lieti nella speranza" (Rom 12, 11-12), costanti nella povertà, nell'astinenza, "nelle fatiche, nelle veglie" (2 Cor 6, 5), nel silenzio e nella quiete.
Sii in mezzo a loro secondo la tua fedele promessa e poiché tu sai ciò di cui hanno bisogno, ti supplico di consolidare ciò che in essi è debole, di non rigettare ciò che è fiacco; risana ciò che è infermo, rallegra le loro tristezze, rianima i tiepidi, conferma ciò che è instabile, così che tutti si sentano aiutati dalla tua grazia nelle loro necessità e tentazioni.
Io li affido alle tue sante mani e alla tua tenera provvidenza. Che nessuno li rapisca dalla tua mano (cfr. Gv 10, 28), né da quelle del tuo servo cui li affidasti, ma che perseverino gioiosamente nel loro santo proposito e, perseverando, ottengano la vita eterna: con il tuo aiuto, o dolcissi-mo Signor nostro, che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.

RESPONSORIO 1 TS 1.2.4.6.5
Ringraziamo sempre Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere, continuamente: noi ben sappiamo, fratelli amati da Dio, che siete stati eletti da lui. * E voi siete diventati imitatori nostri e del Signore, avendo accolto la parola con la gioia dello Spirito Santo.
Il nostro vangelo, infatti, non si è diffuso tra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con potenza e con Spirito Santo, e con profonda convinzione, e ben sapete come ci siamo comportati in mezzo a voi per il vostro bene.
E voi siete diventati imitatori nostri e del Signore, avendo accolta la parola con la gioia dello Spinto Santo.

Te Deum

ORAZIONE O Dio, che per far risplendere la tua Chiesa in ogni lingua e nazione hai inviato il santo vescovo Paride ad evangelizzare il nostro popolo, concedi anche a noi il suo zelo apostolico, affinchè sappiamo cogliere i segni della tua presenza nel mondo e testimoniare a tutti la sollecitudine di Cristo, buon pastore. Egli è Dio,

Lodi mattutine

INNO
All'alba di questo mattino
la Chiesa saluta festante
la luce di Cristo Risorto
che splende nel cuore dei santi.

Paride, tra gioie e fatiche,
un nuovo cammino hai tracciato,
la notte ed il giorno hai vegliato,
pastore dal cuore ferito.

A nuove speranze ci chiami
e inviti a far "causa comune"
coi poveri d'ogni frontiera
eredi del regno dei cieli.

La Buona Notizia hai recato
a un popolo oppresso in attesa;
le amiche ferite hai lenito
col vino e con l'olio che sana.

A Teano, terra diletta,
ridoni il canto e la danza,
le infondi beata speranza
di un fulgido e lieto avvenire.

Te Padre dei doni adoriamo,
Te Cristo fratello annunciamo,
Te Spirito Santo lodiamo
nel flusso dei secoli eterni. Amen.

1 ant. Lode a te, Signore, mia vita, mia luce, mia speranza.
2 ant. Tutto l’ universo è il campo di Dio dove ha seminato la sua bellezza.
3 ant. Tutto ha fatto il Signore per amore, l’ amore guida ogni cosa.

LETTURA BREVE I Cor 9. 16-18 Non è per me un vanto predicare il vangelo; è per me un dovere; guai a me se non predicassi il vangelo! Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato. Quale è dunque la mia ricompensa? Quella di predicare gratuitamente il vangelo.

RESPONSORIO BREVE
Annunziate agli uomini * la gloria del Signore.
Annunziate agli uomini la gloria del Signore.
A tutti i popoli annunziate le sue meraviglie,
la gloria del Signore.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Annunziate agli uomini la gloria del Signore.

Ant. al Ben. Non ho altro che una vita ed è per me grazia grande
spenderla per amore del mio Dio.

INVOCAZIONI Uniti nella liturgia della lode, celebriamo con gioia l'amore di Dio Padre, che in san Paride ci rivelato la via che conduce alla santità. Rendici santi, Signore, come tu sei santo.

Padre buono, in san Paride ci hai insegnato che la carità è un fuoco grande
che riscalda i vicini e i lontani,
- aiutaci a vivere ogni giorno nello spirito evangelico che il Cristo tuo Figlio ci ha lasciato.

In san Paride ci hai insegnato che vivere separati da te non da alcuna gioia,
- donaci di cercarti in ogni momento della giornata, per trovare in te ogni bene.

Nei Santi, tuoi servi, ci hai insegnato a non opporre ostacolo allo Spirito Santo
- donaci lo stile evangelico per essere vigilanti, disponibili e apostolici.

Mosso dal tuo Spirito, San Paride diede la vita per la nostra Chiesa,
- dona a tutti i sacerdoti, ai diaconi, in unione con il nostro vescovo,
di essere sempre uniti, avendo dinanzi agli occhi il tuo servizio e la tua lode.

Padre nostro...

ORAZIONE

Ora media
Salmodia complementare

Terza
L'ora terza risuona
nel servizio di lode:
con cuore puro e ardente
preghiamo il Dio glorioso.

Venga su noi, Signore,
il dono dello Spirito,
che in quest'ora discese
sulla Chiesa nascente.

Si rinnovi il prodigio
di quella Pentecoste,
che rivelò alle genti
la luce del tuo regno.

Sia lode al Padre e al Figlio
e allo Spirito Santo,
al Dio trino e unico,
nei secoli sia gloria. Amen.

LETTURA BREVE Ebr 10, 5.7.14
Entrando nel mondo, Cristo dice: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Allora ho detto: ecco io vengo per fare, o Dio, la tua volontà». Con un'unica oblazione egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati.

Offrì olocausti con gioia, alleluia,
e sacrificò vittime di ringraziamento e di lode, alleluia.

Sesta
LETTURA BREVE Ebr 4,15
Non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, come noi, escluso il peccato.

Costituirò sopra il mio gregge pastori che lo guidino al pascolo, alleluia,
le mie pecore non dovranno più temere: non ne mancherà neppure una, alleluia.

Nona
LETTURA BREVE Ebr 4, 14.16
Poiché abbiamo un grande sommo sacerdote, che ha attraversato i cieli, Gesù, Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della nostra fede. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno.

Il ricordo dei santi sia in benedizione, alleluia,
le loro ossa rifioriscano dalle tombe e il loro nome si perpetui nei figli, alleluia.

ORAZIONE

Vespri
All'ombra di questo tramonto,
vestito di luce gloriosa
ancora, o Paride, additi
audaci frontiere al vangelo.

Della dolce Atene natìa,
riflessa sull'onda del mare,
gli affetti più cari lasciasti
attento alla voce di Dio.

Il Cuore di Cristo Pastore,
sorgente di amore divino,
apostolo ardente ti rese
nell'ardua missione alle genti.

La croce scegliesti qual sposa
che genera vita e trionfo,
sigilla le opere sante
e spinge ai confini del mondo.

Già splende la perla preziosa
di Teano, bella ed amata;
si aggiunge alla ricca corona
che adorna la Chiesa di Cristo.

Al Padre cantiamo la lode.
al Figlio che è luce e da luce.
e gloria allo Spirito Santo
che è fonte perenne di vita. Amen.

2 ant. Vi darò pastori secondo il mio cuore: essi vi guideranno con dottrina e intelligenza.
3 ant. Sazierò di delizie l'anima dei sacerdoti e il mio popolo abbonderà dei miei beni.
3 ant. Celebrò con pietà e decoro i santi misteri: sia il suo ricordo in benedizione.

LETTURA BREVE Rm 8, 31b-32.35-39
Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmialo il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui? Chi ci separerà dunque dall'amore di Cristo; Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Proprio come sta scritto: Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo trattati come pecore da macello. Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore.

RESPONSORIO BREVE
Il Signore l'ha amato * e l'ha colmato di onore.
Il Signore l'ha amato e l'ha colmato di onore.
L'ha rivestito di gloria
e l'ha colmato di onore.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Il Signore l'ha amato e l'ha colmato di onore.

Ant. al Magn. Come sono belli i piedi di chi annunzia la pace,
di chi annunzia la salvezza, di chi dice a Sion: “Regna il tuo Dio”.

INTERCESSIONI Dal Cuore di Cristo, trafitto sulla croce, sono sgorgati fiumi d'acqua viva. In comunione con san Paride, che da questa fonte ha attinto ispirazione e forza per la missione, eleviamo la nostra supplica: Venga il tuo regno, Signore.

Signore Gesù, che hai riscattato con il tuo sangue uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, fa’ che ognuno di noi senta il beneficio della Redenzione e sia disposto a patire e sudare fino all'ultimo respiro per la salvezza di tutti.

Cristo, servo obbediente, che per noi ti sei umiliato fino alla morte di croce, aiutaci a comprendere che le opere di Dio nascono e crescono ai piedi del Calvario.

Gesù, mite e umile di cuore, che riveli ai semplici i misteri del regno dei cieli, dacci occhi per vederti nella persona dei poveri e dei sofferenti per fare causa comune con loro.

Salvatore del mondo, che con la tua morte e risurrezione hai radunato l'umanità dispersa, fa' che ognuno di noi cerchi sempre la verità, sia disposto a soffrire per la giustizia e si impegni per la causa della libertà e della pace.

Nuovo Adamo, dal cui petto squarciato è nata la Chiesa, rendi le nostre comunità dei piccoli Cenacoli, irradianti la luce del vangelo fino agli estremi confini della terra.

Agnello della Gerusalemme celeste, fonte perenne dello Spirito Santo, concedi a ogni popolo di lodare Dio Creatore e di collaborare al suo disegno di salvezza impegnandosi nella ricerca del bene comune.

Buon Pastore, che non lasci che si perda nessuno di quanti il Padre ti ha affidato, riunisci i vescovi, i sacerdoti ed i diaconi defunti nella gloria del tuo regno, con la Beata Vergine Maria, san Paride e tutti i Santi.

Padre nostro.

ORAZIONE O Dio, che per far risplendere la tua Chiesa in ogni lingua e nazione hai inviato il santo vescovo Paride ad evangelizzare il nostro popolo, concedi anche a noi il suo zelo apostolico, affinchè sappiamo cogliere i segni della tua presenza nel mondo e testimoniare a tutti la sollecitudine di Cristo, buon pastore. Egli è Dio,

Celebrazione Eucaristica
presieduta da
S. E. Rev. ma Mons. Arturo Aiello
Festa di San Paride
Patrono della Diocesi di Teano-Calvi
Cattedrale di Teano
5 agosto 2010

~

Saluto iniziale

“Vivificata dai tuoi Santi” abbiamo cantato in questo inno alla Chiesa del Risorto, che prende vigore nella vita degli uomini, che trasforma uomini e donne a immagine di Gesù e dunque riceve nuova linfa, nuovo vigore nella riedizione del Vangelo nella vita dei santi.
Questa mattina sostiamo riconoscenti, ma anche pensierosi, dinanzi alla testimonianza di San Paride, fondatore della nostra Chiesa e protettore, patrono della Chiesa di Teano-Calvi. Guardiamo a lui chiedendo coraggio. Chiediamo la sua intercessione perché la nostra fede non sia superficiale, perché si condensi in opere, in nuova spinta missionaria. Poiché, a partire dal Vescovo, ci sentiamo impari rispetto a ciò che dovremmo essere, e poiché c’è una distanza tra ciò che siamo chiamati ad essere e ciò che concretamente siamo a causa dei nostri peccati, chiniamo il capo e confessiamo le nostre colpe.

Omelia

Eccellenza Reverendissima Monsignor Felice Leonardo, carissimi fratelli nel presbiterato, nel diaconato, carissimi fedeli, religiosi e religiose,
questo giorno è santo per noi, ed è un giorno santo nella morte di un santo. La Chiesa è solita celebrare la memoria e la festa dei santi nel giorno della morte - il giorno della liberazione, il giorno natalizio, come dicevano gli antichi - e noi siamo riuniti qui, nella chiesa Cattedrale, cuore della nostra Diocesi, nel giorno natalizio di San Paride. Attraverso la povera voce e la poverissima testimonianza dell’ultimo successore di San Paride (dicevo l’anno scorso: “ultimo” non solo in termini temporali, ma anche di degnità) vi giunga l’invito a riannodare con la tradizione più sana e più santa della nostra Chiesa. Vedo, con gli occhi della fede, una catena interminabile, a partire dal VI secolo, di Vescovi, di presbìteri, di diaconi, di fedeli, di persone che qui, in questa nostra terra hanno testimoniato la fede, alcuni anche con l’effusione del sangue (penso a San Casto): una storia che ci appartiene e di cui dobbiamo riappropriarci, pena l’assenza di speranza, pena lo sfaldarsi stesso della fede. Alcuni di voi mi diranno: Ma San Paride è una presenza, è un santo, non è Gesù! (Beninteso, non è neanche il caso di fare queste distinzioni) È vero, ma attraverso la sua testimonianza, la sua paternità, attraverso il gesto di liberazione, come dice la tradizione, del popolo teanese dal mostro che lo tiene soggiogato, noi arriviamo, giungiamo, approdiamo alla testimonianza degli apostoli e dunque alla Parola stessa di Gesù. Voglio dirvi che nella storia della nostra Chiesa San Paride è un anello d’oro del quale non possiamo fare a meno; senza questo anello, noi rischiamo di perderci, di disperdere la fede in aspetti secondari, inutili (se non dannosi), disgiungendoci dal filone aureo della salvezza che, come ci ha ricordato Paolo nella Seconda Lettura, è la croce di Cristo.
Abbiamo iniziato la Liturgia della Parola ascoltando le parole del profeta Isaia che guarda i piedi di un messaggero di pace (“Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di pace”) e noi, anche se non ne conosciamo la data e le motivazioni, benediciamo i primi passi di Paride che lascia la Grecia per approdare ai lidi di quella che sarà l’Italia, probabilmente pellegrino verso Roma, con l’intento – e nell’antichità era molto forte questa passione – di ripercorrere a piedi il cammino degli apostoli fino al luogo del loro sacrificio, in particolare di Pietro e Paolo.
Dice il Salmo 83: “Beato chi trova in te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio”. Noi vogliamo benedire quel giovane, forse ateniese, che non ha niente a che vedere con il Paride dell’Iliade (ma comunque è un nome greco), che, senza sapere se tornerà o non tornerà, senza sapere dove si fermerà, decide di cominciare un pellegrinaggio che è la fede. Attenti: non un pellegrinaggio “di fede”, ma un pellegrinaggio che è “la fede”, perché la fede o è un pellegrinaggio, cioè un cammino dove si passa da una fase all’altra, da una stazione all’altra, da una dimensione all’altra (ovviamente di bene in meglio, di luce in luce) o non è la fede cristiana. La fede statica, la fede monolitica nel senso deteriore del termine, la fede che è una realtà che non respira, che non vive, che non si evolve – l’ho detto nelle due serate di “San Paride by night” – non è la fede cristiana e quindi guardiamo quel giovane, Paride, che parte da Atene e lascia la sapienza del mondo, come abbiamo ascoltato nella Seconda Lettura per bocca di Paolo (i greci chiedono la sapienza), per percorrere la via della croce.
In questo pellegrinaggio - ma la Provvidenza aveva già stabilito tutto - avviene un incidente: questo pellegrino si ferma qui; diventa il liberatore, diventa il padre della nostra Chiesa non senza difficoltà, come sapete, vivendo l’irriconoscenza anche di coloro che egli aveva liberato dal “dragone”. Altri anni mi sono fermato su questa simbologia della leggenda; adesso mi preme dire ai sacerdoti, a tutti voi, ma dire innanzi tutto a me stesso, che la nostra Chiesa ha bisogno di un nuovo impeto di evangelizzazione, che non possiamo dormire sugli allori, che non possiamo stare tranquilli perché ancora ci sono processioni (c’era una processione anche il giorno in cui San Paride vide il popolo teanese offrire una giovane fanciulla in sacrificio al “dragone”)… Le processioni di per sé non dicono “fede”: ci sono anche processioni pagane o laiche (e ce ne sono tante!). Non possiamo pensare che la fede si evolva a prescindere da noi, non possiamo ritenere che la Chiesa cammini automaticamente, perché Gesù fin dall’inizio ha avuto bisogno degli apostoli, ha chiesto dei collaboratori, dei discepoli, uomini e donne, persone che si sono votati alla causa del Vangelo. La Chiesa cresce così, non cresce altrimenti, e noi di questo abbiamo bisogno oggi, per cui la preoccupazione della devozione debole a San Paride diventa preoccupazione per la fede debole in Gesù Cristo, morto e risorto. San Paride ride, dal cielo, della nostra freddezza, perché i santi ritengono la loro presenza strumentale rispetto all’unico a cui bisogna dare lode, onore e gloria, come dicono i testi dell’Apocalisse, ma a noi invece preoccupa questa devozione debole: debolissima per i teanesi e debole, a dir poco, per l’intera Diocesi. E perché preoccupa? Perché questo anello, per noi, nella nostra storia è fondamentale; magari per un’altra diocesi San Paride sarà uno sconosciuto, resterà tale e questo non incide minimamente sulla vitalità di quella Chiesa, ma per noi non può essere così. Se la fede è passata attraverso questo anello, se la tradizione ci ha presentato Paride, padre, liberatore, educatore, Pastore e Vescovo di questa Chiesa, e per secoli si è celebrata la sua presenza di intercessore e di modello, questo per noi non è secondario. Non è secondario perché noi abbiamo bisogno di figure, abbiamo bisogno di rappresentazioni, abbiamo bisogno di mediazioni, e i santi – ve lo dicevo già all’atto penitenziale – hanno riedito il Vangelo con la loro vita, con la loro voce, con il loro sguardo, con la loro sensibilità, a partire dalle emergenze del loro tempo. Allora c’era un dragone, oggi ce ne sono mille, e noi dormiamo tranquilli, ma Paride non ha ritenuto quella schiavitù estranea a sé: l’ha assunta, si è interposto tra una potenza malefica che soggiogava la città e i cittadini, ha ritenuto quegli eventi importanti per lui, si è lasciato interpellare. Noi, piuttosto, siamo insensibili e freddi e ci sembra che questa Chiesa sia un’organizzazione (parlo della Chiesa universale come della nostra Chiesa in cui rivive tutta la Chiesa di Cristo); riteniamo la Chiesa un meccanismo che cammina da solo, a prescindere da noi, ma questo non è vero. Ciascuno di voi, anche la persona più semplice, tanto più i sacerdoti e i diaconi, si senta responsabile di quello che sta accadendo, si senta interpellato, chieda a se stesso se quello che accade, cioè questa caduta della fede - e innanzi tutto noi assistiamo a questo, prima che ad una caduta nel senso morale che ne è una conseguenza - non lo interpelli e non chieda che egli faccia qualcosa, che egli riporti la congiunzione tra quello che i nostri padri hanno creduto e operato e il nostro presente perché, cari fedeli, in lizza c’è il nostro futuro e, ripeto - potrei fare un’omelia d’occasione ma sapete che non sono bravo - il futuro è in forse per noi. Lo vedete a partire da questa devozione debole, perché se continuiamo così, tra cento anni nessuno saprà più di Paride. Potreste dire - e i sacerdoti che sono esperti in Cristologia staranno pensando -: Beh, non cambia niente! È vero ma, anche, non è vero. È vero perché la fede è in Gesù, ma non è vero perché in questa terra la fede è passata attraverso lo specchio di Paride che, legato a Gesù, è stato battezzato, si è innamorato della fede e l’ha riflessa su un popolo in una maniera così incisiva da lasciare una traccia secolare. Chiedetevelo: quando saranno scomparse le generazioni degli anziani, che resterà di San Paride? So che molti mi tacceranno di allarmista, di eccessivo (Il Vescovo esagera sempre!), ma prendetemi anche col genere letterario che volete… Quello che è importante è che io, poveramente ma con responsabilità, vi comunichi questa preoccupazione.
Paolo, nel suo epistolario, a volte fa questi quadri di comunità: “So che alcuni di voi – dice – vivono disordinatamente, in continua agitazione e senza far nulla”. Più volte mi torna questa espressione - che è legata, poi, a “chi non vuol lavorare neppure mangi” - come una sorta di quadro, non dico della nostra Diocesi ma di alcune realtà, di alcune persone. Attenti che il quadro è molto articolato; Paolo dice: “So che alcuni di voi vivono disordinatamente”, cioè hanno perso l’orientamento, hanno perso il fine, non hanno più un ordine nelle cose (1,2,3… a, b, c, d…).
Poi aggiunge queste due immagini contrapposte: “Vivono in continua agitazione, senza far nulla”. Sono contraddittorie, no? Se uno è in continua agitazione fa delle cose e, invece, Paolo mette insieme questo quadro di gente che sembra muoversi ma non produce nulla, “in continua agitazione, senza far nulla”, cioè senza produrre, senza trasmettere la fede, senza mediare la fede alle nuove generazioni, senza trasfondere la fede in atteggiamenti, in celebrazioni, in scelte e, perché no?, in pietre, in istituzioni.
Vi consegno così il quadro frastagliato della nostra Diocesi e starete pensando: Ma i teanesi sono stati sempre freddi! Adesso arrivi tu e pensi di voler risolvere le cose… No. Tra l’altro, io vi do delle indicazioni per le quali c’è bisogno di decenni; quindi sono certo che potrete raccoglierle per quello che valgono e, con la vostra sensibilità e la vostra creatività, nel raggio di vent’anni tradurle in iniziative, ma certamente, se continuiamo così, noi San Paride lo perdiamo. Lui non perde nulla perché è nella gloria di Dio, ma perdiamo noi! Perdiamo noi, perché perdiamo il passato; perdiamo non solo il suo passato, ma il passato di tante generazioni che da lui sono arrivate a noi, perlomeno ai nostri nonni, dove forse, cinquant’anni fa, quando è stata riaperta e consacrata questa Cattedrale, ancora c’era un fervore, ancora probabilmente la fede informava la vita. Adesso, da un lato c’è la fede, e dall’altra c’è la vita. Starete pensando che questo riguarda tutto il mondo: è vero, ma noi siamo responsabili di questa porzione.
Allora, cosa bisogna fare? Io adesso vi darò un vademecum per i prossimi anni (ovviamente parlo della devozione a San Paride, ma dietro leggetevi di più di quello che ho cercato di esprimere finora).

Innanzi tutto, c’è bisogno di raccontare di nuovo, perché abbiamo perso l’inclinazione al racconto, e la leggenda di San Paride, come ho detto già quattro anni fa, va letta, va tradotta e va raccontata. Adesso, se noi chiediamo a un giovane di Teano, a un giovanissimo, a un ragazzo, e poi ancor più a uno di Vairano, di Pietramelara, di Pignataro: chi è San Paride? Forse i più studiosi diranno che era il principe di Troia, ma non diranno di più, perché ad un certo punto non abbiamo più parlato, non abbiamo più raccontato la storia: Vieni, ti racconto la storia… Qui ci sono dei bambini e le mamme dovrebbero raccontare la storia.
Quando una comunità, una famiglia smette di raccontare una storia, accade un taglio, una crasi, un distanziarsi dal passato che ipso facto diventa assenza di progettualità. Capisco che questo racconto, oggi, forse dovrebbe essere un film, dovrebbe essere un fumetto… Trovate voi le modalità: quello che è importante, innanzi tutto, è parlare, perché abbiamo smesso di parlare, di raccontare, di dire, di ridire, di commentare, di approfondire, perché in queste poche notizie che la tradizione ci ha trasmesso c’è materiale abbastanza, c’è uno scheletro da rimpolpare a seconda dei tempi, delle culture, delle modalità di vita e di trasmissione.

Abbiamo bisogno di immagini perché la fede è incarnata. La fede non è spirituale o solo spirituale. Se Dio, per farsi vedere, per parlare con noi e per salvarci, ha scelto la via dell’umanità, non possiamo essere noi più spirituali di Dio e, ovviamente, l’incarnazione significa “parola” - e l’ho già detto - ma significa anche “immagini”.
Umilmente, quattro anni fa, la prima cosa che mi è venuta in mente, varcando la soglia dell’Episcopio – non avrei voluto imporlo alla Cattedrale, me ne sentivo indegno e impreparato, e poi queste cose devono entrare pian piano – è stata far scolpire due statue in legno (chi ha consuetudine con l’Episcopio per la Preghiera “In punta di piedi” lo sa) di San Paride e San Casto. Stavano lì ad aspettare e Don Tommaso ha abboccato – per fortuna! – e allora l’anno scorso mi ha chiesto (dopo due anni di permanenza della statua nel salone dell’Episcopio): Eccellenza, possiamo mettere la statua in Cattedrale? Io ho fatto finta di… ma era quello che io desideravo, perché - diciamocelo sinceramente - una statua o, peggio ancora, un mezzo busto di argento non parla a nessuno. Può essere anche un’opera d’arte: non parla, perché è freddo; se lo tocco è freddo. Invece, c’è bisogno di colori.
Ogni tanto guardo questa immagine, ci incontriamo quando passo per il salone dell’Episcopio, spesso anche un po’ scoraggiato; guardo questo volto e mi sembra che cambia: a volte è contento, a volte è triste, a volte dice: “Povero te!”; a volte mi rimprovera, a volte mi incoraggia… Ecco, noi abbiamo bisogno di immagini. D’altra parte, se vi fate un giro per la Diocesi, in tele del Settecento (penso a quella di Sant’Eraclio a Pietravairano, ma anche altrove), trovate delle immagini di San Paride, messe magari insieme con il santo protettore del luogo, segno che nel Settecento, nell’Ottocento, questa sensibilità l’avevano, poi l’abbiamo persa; siamo diventati troppo spirituali e abbiamo detto: Ci basta la fede! No, la fede non basta: abbiamo bisogno di immagini.
Ma questa immagine non può restare qui, dev’essere duplicata, deve diventare preghiera da scrivere, deve diventare una maiolica che gira... Dicendovi questo, sembra che io stia facendo calare di molto il tenore della mia omelia (Ma il Vescovo ci sta dando una ricetta?!); in realtà, quello che ho detto - e cioè: attenti che stiamo perdendo il passato! - poi passa attraverso questi passaggi: il racconto e poi l’immagine, e l’immagine ci aiuta ad immaginare. Se io guardo l’immagine guardo il dragone e un bambino dirà: Ma che ci fa questo dragone? Chi è? Un grifo? Allora, dall’immagine si passa al racconto.

Terzo, e qui non ci siamo ancora (ma non ci siamo neanche con l’immagine, perché dall’Episcopio è passata in Cattedrale ma non è ancora nelle vostre case: non dico che questa sia l’immagine vincente… Magari se qualcuno di voi, sacerdote o laico, riesce a farne una più bella, avrete l’applauso del Vescovo): l’inno.
Apro un concorso per comporre un inno a San Paride che parli oggi, perché quello che avete cantato ieri sera è bello, ma va bene nel museo, cioè non parla, non parla alla gente di oggi, perché c’è il linguaggio dell’Ottocento o dei primi del Novecento.
Perché vi dico l’inno? Perché a volte la fede si trasmette attraverso le canzoni, tant’è vero che i vostri figli stanno sempre con le cuffie, con l’iPod e voi inutilmente cercate di dialogare con loro. Provate a comporre una canzone e inseritegliela nell’iPod: forse riuscirete a dialogare con i vostri figli.
Si trasmette molto attraverso i canti e noi questa sensibilità l’abbiamo persa e pensiamo che i canti siano dei riempitivi. A volte, i canti sostituiscono il “credo”, quando sono fatti bene, quando il testo non è una sviolinata ma è un condensato di fede; i canti sono importantissimi per la vita di una comunità e se un canto piace, la signora, anche mentre gira il ragù, finirà col cantarlo e il giovane con il fischiettarlo. Questo fatto significa che qualcosa sta entrando, altrimenti noi stiamo a fare i cultori di cose che erano valide cento anni fa, duecento anni fa, ma che non parlano più.
Allora apro ufficialmente un concorso per i compositori della nostra Diocesi: comporre un inno a San Paride che magari possa essere orchestrato per banda, cantato da un coro nutrito di persone, per cui ci prepariamo alla festa un mese prima, e dal testo, dalla musica, dall’emozione - perché la fede è fatta anche di questo - che il passaggio di questo mega-coro durante la processione di San Paride suscita, noi avremo creato un’altra occasione.

Poi - vi farò sorridere, ma è importante - sarebbe il caso che qualcuno di voi inventasse una ricetta culinaria per la tavola del 5 agosto. E qui so che ho perso la stima del mio presbiterio che pensa che il Vescovo abbia aperto una gara culinaria per tirar fuori la ricetta per San Paride. Vedete, questo i nostri padri lo sapevano fare bene, quest’arte loro la conoscevano; forse non l’avevano teorizzata, ma la fede deve parlare anche al gusto: come parla all’udito del racconto, della musica, dell’inno, come parla al cuore per l’emozione, deve parlare anche al gusto. Natale, senza struffoli e senza zeppole, non è Natale, perché il Natale - l’ho detto in un’altra sede e lo ripeto qui - è stata l’operazione di inculturazione migliore che noi mai, in duemila anni, siamo riusciti a realizzare. La Pasqua, che pure è il centro della fede, purtroppo non ha avuto ancora questa forza – anche se è più importante del Natale – perché è un po’ zoppicante rispetto ai sensi. Sì, c’è la pastiera, ma non è proprio fatta da tutti. Allora, se qualcuno di voi – e chiudo – per questa ricetta per il futuro, tira fuori un dolce – un modo per dire che si fa San Paride anche a tavola – e questo si diffonde a Teano e nelle parrocchie della nostra Diocesi, allora avremo, col racconto, con l’inno, con i fumetti, con il film, con la predicazione, con l’immagine che va moltiplicandosi, San Paride protettore di… di che cosa? Non si sa…
Ogni santo, in qualche maniera, è diventato “protettore di…”, magari per l’invenzione delle persone: affidiamolo ad una categoria. Queste cose si possono anche inventare – vi dico una cosa proprio per scandalizzarvi fino in fondo – ma ci sono certe bugie che servono, che fanno bene, che con una finalità positiva, educativa, conducono all’assunzione di un messaggio. Per far questo, mettete in conto vent’anni.

A partire da oggi, sono aperti tutti i concorsi che ho detto, quelli altissimi e anche quelli “terra-terra” (si sentano valorizzate le donne che cucinano, perché c’è una cultura e ci sono dei valori che si celebrano anche a mensa). Facendo questo, noi salveremo una memoria, una memoria santa per noi. Attraverso quest’opera - non ho utilizzato il termine perché è grosso - di “inculturazione”, avremo affidato a chi verrà dopo di noi una santa memoria.

Auguri e buon lavoro.

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Il testo, tratto direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.

Teano: san Paride ad fontem


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